Ho scoperto il community organizing studiano il modo in cui le campagne elettorali americane riuscivano a mobilitare migliaia di volontari per contattare porta a porta milioni di elettori. Non avrei mai detto che mi sarei trovato un giorno a partecipare a un porta a porta.
Tuttavia, lo scopo del neighborhood walk organizzato da Commong Ground oggi non era la registrazione al voto, seppure fra poche settimane qui si vota il governatore dello Stato. Lo scopo era quello che Keisha ha sintetizzato così ai 13 volontari che hanno partecipato. “Dobbiamo lavorare sull’immaginazione delle persone, perché per molti di loro è difficile esercitarla nella routine quotidiana. Per questo gli mostreremo la simulazione di come potrebbe diventare il campo sportivo della scuola superiore Washington nel loro quartiere. E poi dobbiamo piantare i semi per l’azione successiva, perché dovremo mobilitare migliaia di persone a chiamare i propri consiglieri comunali se vogliamo che Fair play diventi realtà”.
Whashington high school come potrebbe diventare
Il campo sportivo di Washington school come è oggi
Fair play è il nome della campagna per rinnovare le attrezzature sportive delle scuole di Milwaukee. E’ stata lanciata quando si è saputo che il comune vuole costruire un nuovo stadio per la squadra di basket locale, i Bucks,
spendendo circa 500 milioni di dollari. “Se con le nostre tasse volete costruire un nuovo stadio per una squadra di milionari, vogliamo che almeno una parte di quei soldi siano utilizzati per rinnovare i campi sportivi dei nostri giovani”.
Allie ha distribuito il materiale da consegnare, insieme a una mappa delle strade dove fare il porta a porta e uno script con gli argomenti principali con cui innestare la conversazione.
Fin qui nulla di particolarmente rilevante, considerato che il porta a porta è un’attività politica ordinaria qui in America. Ma la cosa più importante sta forse nel come.
L’appuntamento era differenziato. Prima di tutti i volontari Allie ha dato appuntamento ai due leader, Patty e Johnnie. Sono stati poi loro ad aiutare gli organizer nell’introdurre e spiegare l’azione agli altri volontari una volta arrivati.
I volontari erano tutti del quartiere e gli è stato suggerito di iniziare la conversazione dicendo che erano del quartiere, cresciuti lì o trasferiti. E gli è stato detto che se nessuno avesse risposto non dovevano lasciare materiale di fronte alla porta. “Vogliamo stabilire una relazione oggi, lasciamo materiale solo alle persone con cui parliamo e si dicono interessate”.
Jonnie mentre bussa a una delle porte
Io ho affiancato Johnnie e Tony, una donna di lontane origini italiane. Nonostante le porte aperte a metà, gli sguardi sospettosi, le scritte “no solicitors” alle porte, le persone che erano in casa hanno mostrato tutte interesse per quello che andavamo a dire. Il tutto sarà durato si e no un’ora e mezza e quando Jonnie ha detto che dovevamo tornare indietro il tempo era volato. Siamo riusciti a fare si e no la metà della strada che ci era stata assegnata. Però ci siamo interrotti mentre avevamo voglia di continuare. Il che mi ha ricordato una cosa che mi insegnò Olivier Malcolr rispetto agli spettacoli di teatro forum del teatro dell’oppresso: bisogna interrompere quando la gente ha ancora voglia di intervenire. Perché quello che abbiamo innestato non deve concludersi lì. La gente deve aver voglia di continuare a parlarne quando va via.
Come tutte le iniziativa della IAF il nostro neighborhood walk si è concluso con una valutazione. Ogni volontario è stato invitato a dire come era andata l’esperienza e cosa poteva essere migliorato. Qualcuno ha dato un suggerimento interessante. Ridurre il numero di strade in modo che si possa effettivamente concludere, e mandare due squadre nella stessa strada sui lati opposti. Così ci si da energia a vicenda. In effetti quanto tornando abbiamo incontrato una delle altre squadre, seppure non avessi mai visto quelle persone, era come incontrare dei conoscenti in un posto sperduto.