Stamattina ho partecipato all’incontro settimanale tra Allie e Bob Connolly, il fondatore di Common Ground, un community organizer con decenni di esperienza alle spalle.
Una delle pratiche che caratterizza l’Industrial Areas Foundation è l’investimento continuo sulla formazione, che è intesa non come passaggio di tecniche o principi astratti, ma come mentorship, un misto di supervisione e supporto. Le caratteristiche di questo tipo di passaggio di conoscenze possono essere in parte colte leggendo i titoli dei vari paragrafi del rapporto settimanale che Allie scrive a Bob per raccontare com’è è andato il suo lavoro:
“Incontri relazionali e altri incontri”
“Riflessioni”
“Cosa ho imparato questa settimana?”
“Quali sono le mie paure? Cosa mi sta dicendo il mio istinto?”
“Come ho costruito la mia fiducia in me?”
“Come mi sono divertita?”
“Quali sono le mie priorità per la prossima settimana?”
“Quali sono i miei incontri la prossima settimana, e voglio che qualcuno mi accompagni in alcuni di questi?”
Io penso che in ogni attività o lavoro avremmo bisogno come esseri umani che tutte queste sfere siano prese in considerazione, e che chi ha più esperienza e saggezza di noi sappia consigliarci e soprattutto ascoltarci. Ma in un lavoro come quello del community organizer è certamente una delle chiavi affinché mantenga il suo ancoraggio relazionale. Ed Chambers, il successore di Alinsy alla guida dell’Industrial Areas Foundation, ha scritto parole molto illuminanti sul rapporto tra queste pratiche e il coinvolgimento attivo nella vita pubblica:
Un’altra ragione per cui le persone non agiscono è che non abbiamo più mentori. Abbiamo celebrità. La differenza tra un mentore e una celebrità è che il primo incoraggia ad agire mentre il secondo agisce in nostra vece.
Se ci pensiamo ognuno di noi ha avuto dei mentori. Qualcuno che ha saputo ascoltarci, comprenderci, guidarci. Difficile è che questo diventi una pratica strutturata al di fuori dell’occasionalità. Una mia esperienza di questo è stata in ambito teatrale con Hector Aristizabal a Belfast, durante la mia internship in un progetto di teatro di comunità. Comune info ha di recente pubblicato un’intervista a Hector proprio su questo.
Il mentore non è qualcuno che dà buoni voti e ti fa sentire a tuo agio oppure ti dà cattivi voti e non dice nulla. Il mentore è connesso alla parte di te che vuole imparare. Questo è terribilmente andato perso nelle università dove un insegnante ha quaranta studenti o fa lezione attraverso video conferenza. L’informazione può essere scambiata ma può solo portare altra informazione, non porta necessariamente alla formazione. E non puoi formare una persona senza conoscerla. Quando c’è questo riconoscimento reciproco, il mentore diventa parte della psiche, qualcuno a cui pensi quando hai un problema o qualcuno che ti viene in aiuto quando occorre, non per forza attraverso una telefonata o un’email, ma nella tua mente.