Kathleen Patròn e Keisha Krumm, community organizers di Common Ground
Ho raccontato in un altro post dell’incontro con il consigliere comunale Bauman. Riporto una parte della conversazione tra un consigliere comunale X e la community organizer, Keisha, per come la ricordo:
X: Voi siete un’ottima organizzazione, in grado di mobilitare molte persone, cosa che nessuno riesce a fare, avete tra i vostri membri persone molto educate e molto capaci. Però avete un’agenda assolutamente ideologica.
Keisha: Posso chiederle perché dice questo?
X: Questa cosa degli impianti sportivi in cui vi siete ficcati non capisco perché dovrebbe essere la nostra priorità. Ci sono molte altre priorità.
K: Sì, sono assolutamente d’accordo con lei su questo.
Poi la conversazione prosegue e Keisha ha modo di spiegare che non è stata Common Ground a porre la questione, e che neanche la costruzione di una nuova arena per i Bucks ritiene che sia la questione prioritaria per Milwaukee. E’ lui a quel punto a darle ragione.
K: Ad ogni modo siamo qui per invitarla a intervenire alla nostra assemblea. E nel suo intervento potrà dire questo.
X: No, non vengo alla vostra azione per cadere in un’imboscata ed essere picchiato.
K: Perché pensa che se viene sarebbe un’imboscata?
Quando siamo in macchina dopo le dico che sono rimasto sorpreso di come non avesse lasciato passare nulla per sottinteso, avesse ripreso ogni insinuazione, ogni commento polemico, chiedendo una spiegazione.
«Facendo questo lavoro ho imparato a chiedere di spiegare invece che essere sulla difensiva. Il mio atteggiamento è cercare di capire».
La conversazione con il consigliere comunale proseguiva poi così.
X: So che avete trovato roba sporca su Edens! (questa era un’informazione assolutamente riservata, che poi è stata resa pubblica solo domenica con grande rilievo mediatico, argomento che affronterò presto)
K: Chi gliel’ha detto?
X: Y
K: E cosa le ha detto?
Keisha poi mi dice:
«Un’altra cosa che ho imparato a fare è rispondere con una domanda se ti fanno domande. Capisci meglio cosa c’è dietro. Fare domande è molto importante per capire. Se fai le stesse domande a persone diverse ognuno ti dice cose diverse e questo ti fa avere una quadro più completo».
Con Kathleen Patròn qualche giorno dopo incontro un pastore di una chiesa luterana. E’ il secondo incontro che fa con lui. Si vede che ci tiene e lo stima. Lui non è sulla difensiva ma ha un atteggiamento pessimista e si vede che è a corto di tempo ed energie. Sembra difficile acquisire un suo impegno attivo. Kathleen cerca di “agitarlo”, come dicono nel gergo della IAF, di fare pressione per ottenere una sua reazione. Lui dice che è pessimista e che in genere crede nella “Murphy’s law”, cioé che se una cosa può andare male, va effettivamente male. Kathleen allora gli chiede:
Cosa ti fa pensare questo?
Pastore: E’ così che vanno le cose
K: Puoi farmi un esempio?
P: Beh, per esempio il modo in cui è andata la vicenda di Walmart, che nonostante molta gente non lo volesse sono riusciti ad aprire un centro commerciale qui.
L’esempio sarà usato più volte da Kathleen nel seguito della conversazione. E in effetti il centro commerciale Walmart è più discutibile della legge di Murphy. E’ un evento concreto. Qualcosa con cui ci si può relazionare. E mette anche meno paura. L’incontro andrà a finire assai meglio di come era iniziato, tanto che alla fine il pastore rivolgendosi a me mi dice di essere certo che stavo imparando molte cose stando vicino a persone di talento come Kathleen.
«Facendo l’organizer – mi dice Kathleen – ho imparato a fare domande. A trasformare le affermazioni generali in storie. Per esempio, invece di chiedere “come hai imparato questa cosa?” chiedo “chi ti ha insegnato questo?”. Capisci molto di più sulla persona se riesci a fargli raccontare delle storie. Ed è così che crei un legame personale, su cui si può costruire qualcosa».
Chiedo anche a Kathleen se non le risulta difficile doversi occupare di temi e campagne che non sceglie lei, ma quelle che interessano alle persone che organizza. Mi risponde di no. Che quello che le interessa non sono le battaglie in sé, ma insegnare alle persone a prendersi il potere. «Quando ho iniziato a fare l’organizer a Sherman Park non mi importava davvero nulla della questione delle case. Ma sono diventata un’esperta sull’argomento. Alla fine mi piace quello che interessa alle persone per cui lavoro».