Il community organizing in 10 libri

da | 15.02.21 | Featured

“Che cosa posso leggere per approfondire il community organizing?” 

è una delle domande abituali che ci vengono rivolte agli eventi sul tema. In questo articolo troverete un elenco dei 10 lavori più importanti a disposizione, in lingua italiana (purtroppo molto poco) e in inglese.

1. Prima di tutto, è d’obbligo partire dalle opere del fondatore del metodo del community organizing contemporaneo, Saul David Alinsky.

In particolare, il suo lavoro Reveille for radicals (1946) che è stato recentemente tradotto dalle Edizioni dell’Asino con il titolo Radicali, all’azione! Organizzare i senza potere.

In questo suo primo lavoro, Alinsky racconta il lavoro di organizer e spiega alcuni punti fondamentali del suo metodo, come l’organizzazione locale, la leadership, le tattiche di azione.

Molto interessante anche l’introduzione dei due curatori, Alessandro Coppola e Mattia Diletti, in cui si traccia in modo molto approfondito la genesi intellettuale delle idee di Alinsky.

2. Il secondo libro di Alinsky sul community organizing, Rules for Radicals (1971), è stato scritto quasi mezzo secolo dopo, e quindi va ad aggiornare in modo interessante quanto scritto negli anni ’40 (anche di questo libro esiste una traduzione italiana, Le idee dei radicals, su cui tuttavia ci sono pareri contrastanti da parte degli addetti ai lavori).

Tra gli approfondimenti qui presenti che meritano la lettura, quelli sulle tattiche, sul ruolo del potere, sul training di un organizer e, soprattutto, le discusse “13 regole” di Alinsky.

3. Per chi sia interessato ai risvolti biografici e storici di Alinsky, il punto di riferimento ultimo e insuperabile è Let them call me rebel, monumentale biografia pubblicata nel 1989 da Sanford D. Horwitt.

Il libro, che si fonda su decine di interviste a testimoni diretti e sull’analisi di documenti di prima mano come la corrispondenza di Alinsky, ripercorre in modo molto dettagliato la vita dell’attivista americano, con dettagli estremamente preziosi sullo sviluppo, i punti di forza e anche i fallimenti della sua cinquantennale carriera di organizer.

Let them call me rebel

4. In italiano non esistono invece lavori di un certo approfondimento su Alinsky (per cui forse vale la pena fare riferimento ancora all’introduzione a Radicali, all’azione! sopra citata).

Se vi capita di trovare Saul Alinsky, rivoluzionario democratico di David Tozzo, vale comunque la pena dargli un’occhiata, se non altro perché circa metà del libro è occupata dalla traduzione integrale della Playboy Interview che Alinsky rilasciò nel 1972 pochi mesi prima della sua morte, e che ne rappresenta in qualche modo il testamento spirituale.

Let them call me rebel

5. Per conoscere invece l’evoluzione del community organizing nell’ultimo mezzo secolo, dopo la scomparsa di Alinsky, le opere di riferimento sono soprattutto due, non a caso scritte dai suoi due successori alla guida dell’Industrial Areas Foundation.

La prima è Going Public. An Organizer’s Guide to Citizen’s Action (2002) di Michael Gecan. L’autore, che per molti anni è stato leader dello sforzo organizzativo della IAF nella città di New York, vi racconta in modo esplicito e con pochi peli sulla lingua la pratica dell’organizing in una metropoli di inizio 21° secolo.

Particolarmente interessanti gli approfondimenti sulle 4 abitudini da sviluppare: relazione, azione, organizzazione e riflessione. Una menzione particolare per il capitolo 7, in cui si illustra efficacemente il rapporto fra organizers e potere politico attraverso la complessa e spesso conflittuale relazione degli attivisti IAF con Rudolph Giuliani.

Let them call me rebel

6. Come pendant al libro precedente, consigliamo Roots for Radicals di Edward T. Chambers, la persona che ha creato il sistema di educazione e training per organizer che la IAF utilizza tuttora.

Fra le molte suggestioni utili del libro, la tensione fra “il mondo così com’è” e “il mondo come dovrebbe essere” all’interno della quale un organizer deve vivere e operare; e l’analisi della pratica dell’incontro relazionale, che rappresenta la principale innovazione del community organizing post-Alinsky.

Let them call me rebel

7. Per chi sia interessato*a a comprendere meglio l’educazione di un organizer e la sua attività, un libro da consigliare è anche Radical. A Portrait of Saul Alinsky (2010) di Nicholas von Hoffmann.

L’autore fu uno dei primi organizer reclutati da Alinsky già all’inizio degli anni ’50. Il suo lavoro rappresenta quindi sia un’importante testimonianza su Alinsky da parte di un testimone diretto; sia un resoconto prezioso sulla formazione di un organizer sotto la guida di un maestro d’eccezione: Alinsky stesso.

Let them call me rebel

8. Uscendo dall’ambito IAF, il più importante contributo su come fare community organizing è probabilmente il manuale (pubblicato in più edizioni a partire dagli anni’70) Organizing for Social Change della Midwest Academy.

Questo dettagliato lavoro, creato per le formazioni di organizer condotte dall’accademia (creata nel 1973 da Heather Booth, un’allieva di Alinsky) è quanto di più concreto e specifico si possa pensare sul lavoro quotidiano dell’organizer, dal reclutamento e la formazione dei leader, alla conduzione di un meeting, al fundraising, etc.

Let them call me rebel

9. Accanto alla Midwest Academy, nella storia del community organizing ci sono molte altre organizzazioni e sigle: dall’oggi defunta ACORN, alla Gamaliel Foundation, a Faith in Action; per non parlare delle più recenti realtà nate in Europa, come Citizens UK, il Deutsche Institut für Community Organizing, e l’Associazione Community Organizing onlus. Per comprendere meglio lo sviluppo di questa galassia il lavoro più adatto è sicuramente People Power (2015), una raccolta di scritti sul community organizing curata da Aaron Schutz e Mike Miller.

Let them call me rebel

10. Ultimo, ma non ultimo, il libro che ha fatto conoscere al più vasto pubblico europeo (ma anche, in parte, americano) Saul Alinsky e il community organizing: I sogni di mio padre (Dreams from my Father, 2004) di Barack Obama. L’ex presidente americano, che lavorò per tre anni come organizer a Chicago prima di entrare in politica, vi racconta infatti in modo molto vivido e dettagliato la sua esperienza.

Let them call me rebel

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