Dietro la parola “grano” si nasconde la perdita di biodiversità della nostra agricoltura. In nessun posto come la Sicilia questo processo appare più chiaro. Perciasacchi, Russello, Tumminia, Maiorca, Nero delle Madonie, Timilìa, sono solo alcuni degli oltre 50 grani antichi sopravvissuti. Fino a qualche decennio fa ne esistevano almeno un centinaio. Se la metà è sopravvissuta si deve solo alla passione ostinata di alcuni agricoltori che si tramandano semi e saperi da generazioni lottando contro leggi e burocrazia. Ogni territorio, ogni altitudine, ogni terreno ha il suo grano, quello più adatto alle condizioni locali. L’agricoltura industriale lavora invece per sviluppare poche varietà di grano guidata solo dal profitto commerciale. E oggi le normative impediscono la commercializzazione dei semi antichi.

Simenza, cumpagnia siciliana sementi contadine, che raduna 118 realtà agricole dedite alla coltivazione, lavorazione e valorizzazione dei grani antichi. Lo scorso 10 e 11 novembre si sono svolte nella splendida cornice di Novara di Sicilia le “Jurnate di Simenza”. Sono stato chiamato a parlare di come la tradizione del “community organizing” possa venire incontro a una giovane organizzazione come Simenza, un’associazione particolarmente interessante perché coniuga piccoli produttori legati al territorio, filiera del cibo, tutela della salute e della biodiversità.