Conoscere socialmente

da | 4.12.14 | Diario di Milwaukee

C’è una conoscenza teorica e astratta che si trasmette tramite libri e si testa tramite esami. Le sue componenti sono nozioni.

Ci sono poi altri tipi di conoscenza. Una è quella sociale. Si apprende entrando in relazione con gli altri. Relazioni pubbliche. E la sua qualità è più prossima a un’arte che a una tecnica. Scrive Ed Chambers:

Per effettuare con successo il salto dalla vita privata alla vita pubblica, dobbiamo imparare ad agire in modo diverso. La vita pubblica è illimitata e spalancata, ma dobbiamo agire in modo tale da renderla reale e soddisfacente per noi stessi. E’ sorprendente per me constatare quante persone non siano in grado di fare questo salto.

Gli insegnamenti più importanti che mi sembra di aver appreso nascono da questo tentativo di rendere soddisfacente, interessante e orientata alla giustizia la vita pubblica. Ecco una carrellata.

– Martedì scorso spettava di nuovo a me porre la domanda per il round iniziale allo staff meeting. Mi viene in mente di chiedere agli altri organizer quando si sentono parte di una comunità. Penso ovviamente alla risposta che avrei dato io, e penso alle lezioni di teatro, quando si è in cerchio, spesso tenendosi per mano dopo aver condiviso tante emozioni, e ci si guarda negli occhi. Poi penso: questo è astratto. E’ un’immagine senza tempo. Allora riformulo la domanda: quando è stata l’ultima volta che vi siete sentiti davvero parte di una comunità? Può sembrare minima la differenza, ma non lo è. Nella prima domanda chiedevo di descrivere una sensazione. Nella seconda di raccontare una storia. E’ talmente differente che non sapevo più rispondere alla mia stessa domanda. Poi mi è venuto. Un fine estate in cui con degli amici decidemmo di trasferirci tutti a casa di uno di noi, a Roma. Gli altri hanno raccontato episodi simili. Un matrimonio in un parco nazionale in California in cui improvvisamente degli estranei sembravano amici di vecchia data per Rusty. Il dormitorio del college in Kansas per Keisha. L’esperienza di volontariato in Sud Africa di Kathleen. Il viaggio in Messico di Allie. Quei racconti hanno creato un senso di nostalgia per una dimensione che sembra essere così rara e sfuggente. Il che mi ha fatto pensare alla tensione tra il mondo come è e il mondo come dovrebbe essere, e alla rabbia che deriva dalla perdita di quello che potrebbe essere e non è.

– Bill, il tipo con tre ergastoli che ho incontrato facendo i miei incontri relazionali a Sherman Park, mi ha presentato Eddy Glorioso, figlio di emigranti siciliani, novantenne, fondatore del negozio di alimenti italiani più famoso di Milwaukee. E’ stato molto gentile con me. Mi racconta che è stato lui a testimoniare in favore di Bill facendo sì che uscisse dal carcere a vita. Mi viene in mente che posso chiedergli di mettermi in contatto con i suoi fratelli, i proprietari del negozio, e fare il mio primo tentativo di fundraising per Common Ground. Ne parlo con Bob. Lui mi dice: tu sai perché ti dovrebbero dare dei soldi, che interesse hanno a farlo? Io dico, no, li ho conosciuti, so che sono degli imprenditori, possono fare del bene alla comunità. “Devi capire il loro interesse prima. Devi parlare al loro interesse, altrimenti la tua richiesta apparirà fuori luogo. Io ho fatto decine di incontri con i piccoli imprenditori per capire cosa gli importasse prima di chiedere un solo dollaro. Digli che vuoi incontrarli per capire come vedono il loro ruolo nella comunità, quali sono i problemi che devono affrontare, e qual’è la loro visione del mondo”.

– Mercoledì prossimo nella stanza 102 dell’ospedale Saint Joseph si terrà la riunione che ho organizzato a seguito degli incontri relazionali che ho fatto a Sherman Park. E’ una riunione diversa da quelle che sono stato abituato a organizzare. Non ho messo nessuna locandina né mandato nessuna email per convocarla. Conosco tutte le persone che verranno, e loro conoscono me. Sono entrato a casa loro. Gli ho fatto domande sulla loro vita, il loro lavoro, come sono finiti a vivere in quel quartiere e cosa vorrebbero vedere cambiato. Questa conoscenza mi ha portato anche a provare a capire quale problematica potrebbe divenire l’oggetto di un’azione comune. Mi è sembrato che il problema più sentito fosse il crimine, e che l’illuminazione dei vicoli fosse un possibile tema su cui provare a incardinare una campagna. Ne ho parlato con Jonathan, il supervisore che mi ha assegnato questo incarico. Lui mi ha detto:

Se hai una stanza con 20 persone che ti piacciono che cosa gli chiedi? Se davvero ti piacciono li devi sfidare a tornare a un altro incontro in cui dovrete essere 30 o 40. In questo modo stai facendo community organizing, perché stai facendo comprendere a queste persone che solo se sarete di più potrete negoziare con il dipartimento di polizia ed avere il potere necessario ad agire. Inoltre, in questo modo puoi testare le persone e capire chi è un potenziale leader. I leader sono semplicemente persone che dimostrano di poter avere un seguito.

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